FAI SPAZIO NELLA TUA VITA・TOKYO

Tokyo – Tre camicie, 2 pantaloni, 1 borsa, 4 scarpe e poco più. La vita di Toyoda Tatsuya, 26enne minimalista giapponese, è tutta racchiusa in questi numeri. Solare e disponibile, Toyoda è diventato minimalista due anni fa, poco prima di trasferirsi a Tokyo dove lavora come editor di un webmagazine. È arrivato nella capitale giapponese dalla natia Kumamoto nell’isola meridionale del Kyushu. “La prima volta che mi sono accorto di avere troppe cose è stato quando ha dovuto pensare a traslocare a Tokyo. Mentre riflettevo su questo fatto, ho letto su internet il blog di Yururimai e quando ho visto il living di casa sua dove non c’era nulla ne sono rimasto affascinato. È stato da lì che piano piano ho iniziato a a buttare via un po’ di cose e che alla fine sono arrivato a Tokyo solo con tre scatole che ho spedito per posta!” dice sorridendo.

Il giovane Toyoda non è però il solo ad aver subito l’influenza di Yururimai, nickname di colei che orami è una vera e propria star del mondo minimal. Sul suo blog “nanimonaiblog” – letteralmente “non ho niente blog” – si descrive così: “Viviamo in tre adulti, un bambino e 4 gatti. Davvero desidero vivere senza possedere niente, e vivo costantemente con questo desiderio”. Dal suo blog sono stati tratti libri dal titolo esaustivo: “A casa mia non c’è niente”, che insegnano a diventare minimalisti e anche un drama tv che in Giappone ha avuto molto successo. Di fatto, da Marie Kondo che nel lontano 2011 col suo metodo konmari ha fatto conoscere l’arte del riordino nel mondo (Vallardi, 2014) a best seller di tiratura internazionale come quello di Fumio Sasaki (Fai spazio nella tua vita, Rizzoli 2016), vivere all’insegna dell’essenziale segna una nuova tendenza sociale.

Come si spiega nell’introduzione del libro di Sasaki, la grande catastrofe del 2011 può certamente aver influenzato la nascita di questo fenomeno, che però era già in incubazione all’interno della società giapponese. Una delle prime cose che i minimalisti che ho incontrato affermano è proprio che, quando ci sono i terremoti, la maggior parte della gente muore perché colpita dagli oggetti che tiene in casa e concludono dunque dicendo: “qui non c’è niente”. In una terra che è appena stata colpita da una grandissima catastrofe naturale, nella quale la terra trema quasi ogni giorno il fatto di non possedere nulla sembra quasi rassicurarli.

“Il denaro però non c’entra” dichiara Sunko, 28 anni OL di Tokyo che ha abbracciato lo stile di vita minimalista da un po’ di tempo. Sunko vive in un appartamentino che condivide con un’ amica minimalista pure lei, nel quartiere Otaku di Tokyo. “Non direi che spendo di meno. Posso però dire che spendo in modo diverso. Investo i miei soldi soprattutto nei viaggi perché amo viaggiare. Avendo meno cose di cui preoccuparmi ho anche più tempo per stare con le persone che mi piacciono, come i miei amici”. “Mi rendo conto che visto da fuori può semplicemente sembrare che io sia una persona che ha pochi soldi e non si può permettere niente, ma non è così” conferma Tatsuya. “In verità adesso mi concentro solo nelle cose che mi interessano veramente. Per esempio non compro più cose a casaccio ma solo quelle che davvero mi servono e mi piacciono. Se qualcuno pensa che sia una vita triste si sbaglia, per me non è assolutamente così”. Lo stesso Fumio Sasaki conferma di aver devoluto tutti i denari ottenuti dalle vendite del suo libro in Giappone alla Croce Rossa internazionale.

Liberarsi dalle cose, dall’attaccamento verso di esse e diventare più felici sembra il risultato a cui porta abbracciare la fede minimal dell’essenziale. Se ci si riflette bene il risultato, tutto sommato è quasi scontato se si pensa che il Giappone celebra la festa della caducità della vita attraverso la contemplazione della breve esistenza del sakura, il fiore di ciliegio. Un rito amatissimo dai giapponesi ed atteso con trepidazione ogni anno da tutta la nazione. E non è solo per la bellezza dei paesaggi giapponesi incorniciati dal rosa pallido dell’effimero fiore che vive solo una settimana all’anno, e oltretutto non da frutti. Cadono i petali e, per questi ragazzi, potremmo azzardare a dire che cada tutto il resto. Lo dice Marie Kondo, ma lo sostengono tutti i minimalisti: liberarsi dalle cose ha prodotto in loro cambiamenti radicali, primo tra tutti la diminuzione dello stress, una maggiore consapevolezza e dunque, un maggiore sentimento di felicità. O comunque di completezza, di concentrazione.

Ma il cuore di questa visione essenziale della vita e del suo rapporto con le cose, gli oggetti che ci circondano, è qualcosa a cui  il Giappone è abituato da secoli e la cui visione affonda le proprie radici in quello shintoismo per il quale ogni cosa ha una sua anima. Me lo confermò un giorno mio marito prima di un trasloco. Intento a tirare a lucido una stanza ormai vuota e che avremmo lasciato per sempre alla mia ennesima insistenza di lasciar perdere mi disse: “vedi, tu non hai ancora capito l’animo giapponese. Io pulisco il pavimento e le pareti per ringraziare tutta la stanza del servizio che ci ha dato in questo tempo che vi abbiamo vissuto”. Liberarsi dalle cose per tornare a dare più valore alle cose e a se stessi: il minimalismo, sembra essere questo. La ricerca di un ordine antico, in cui il rapporto con noi stessi e non veniva mediato da ciò che possedevamo.

Così, se una volta l’approccio minimalista era qualcosa che sembrava naturale trovare all’interno di un tempio Zen, il luogo ideale nel quale professare una vita all’insegna del distaccamento dal mondo, oggi le istanze minimaliste trovano nuovi spazi e nuovi mezzi per esprimersi. I minimalisti 2.0 passano prima di tutto dalla rete, come è successo a Yururimai diventata una star attraverso il suo blog. Lo stesso è accaduto anche a Toyoda che è ormai una piccola star minimalista del web, dove è conosciuto col nome Herbie, e porta avanti un blog molto letto con circa 50mila visitatori unici a settimana.

“Mollo tutto e vado via” in cerca della pace, della felicità o del non so bene che cosa non è, insomma, una scelta di vita che si adatta al minimalista del nuovo millennio il quale, lungi dall’essere isolato e lontano dalla civiltà pratica la propria visione del mondo proprio nelle città. Toyoda, Sunko e anche la sua amica sembrano anzi ribaltare questo stereotipo: la spinta per una scelta di vita essenziale si concretizza proprio all’indomani di un trasferimento in una grande città e viene anzi portata avanti nella metropoli più trendy, affollata e piena di stimoli e tentazioni del pianeta.

In fondo questo fenomeno dal timbro intimista è dunque tutto fuorché interpretabile con le categorie mentali a cui siamo abituati noi occidentali tanto e se nulla c’entra il denaro, nulla c’entra la visione politica. La critica sociale al capitalismo che potrebbe sembrare naturale abbinare a una scelta di vita di questo tipo, non trova riscontro nelle parole e nei gesti di chi pratica l’essenziale in Giappone. Nulla a che vedere con diete esasperate o fumosi principi ascetici. “Sì, mi rendo conto che se tutti diventassero minimalisti per la società sarebbe un po’ un problema” dice Toyoda. “Ma fortunatamente non è così. Per me ognuno deve semplicemente vivere come meglio crede. Io sono più felice così”. In Giappone, la rivoluzione, se esiste è semplice e discreta. Intima e precisa come ogni “via”, del tè, della scrittura, dei fiori. Ancora una volta il Giappone non finisce di stupirci e noi non possiamo fare altro che provare a capirlo. Per capire meglio noi stessi.

di Stefania Viti