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Lei era assai svestita e i grandi alberi indiscreti buttavano sui vetri il loro fogliame maliziosamente, vicino, vicino. Seduta sulla mia grande sedia, seminuda, incrociava le mani. Sul pavimento rabbrividivano senza disagio i suoi piedini minuti, minuti. – Io guardavo, color della cera, un piccolo raggio fuggiasco svolazzare sul suo sorriso e sui suoi seni, – mosca sul rosaio. – Io baciavo le sue caviglie fini. Lei un dolce riso brutale che s’allungava in trilli luminosi, un riso amabile di cristallo. I piedini sotto la camicia Trovarono scampo: “La fai finita!” – La prima audacia concessa, l riso fingeva di punire! – Sommessi palpitanti sul mio labbro, io baciavo i suoi occhi dolcemente: – lei ritirò la sua testolina indietro: “Oh! è meglio ancora!… signorino, ho due parole da dirti…” – il resto io glielo gettai sul seno con un bacio, che la fece ridere di un riso quieto, compiacente… – Lei era assai svestita e i grandi alberi indiscreti buttavano sui vetri il loro fogliame maliziosamente, vicino, vicino.
Prima serata xxvii (Première soirée) –
ARTHUR RIMBAUD / POESIE
L’aspetto ci riporta ad una sorta di spaghetti a sezione quadrata ed il colore ai nostri “pizzoccheri alla valtellinese”, ma siamo in Giappone, e stiamo parlando di soba.Della soba si apprezza il KAORI (profumo), il KOSHI ( significa anca, infatti la pasta deve avere la consistenza giusta come le anche per sorreggere la struttura di un uomo) e il NODOGOSHI (una sorta di retrogusto di aromi percepibili durante il passaggio della pasta nella gola). No, signori, non stiamo parlando di vino, ma vi assicuro che la degustazione della soba non ha niente da invidiare a quella di un buon Barolo o di un Chianti. Prima di mangiare la soba, bisognerebbe avvicinare la pasta al naso, scoprirne le delicate fragranze del grano saraceno e della farina per l’impasto. La soba deve avere la giusta consistenza (KOSHI), un po’ come gli spaghetti “al dente”, quindi l’impasto deve avere una buona resistenza all’acqua, altrimenti si sfalderebbe subito.
Ma non e’ finita, infatti, come ci consiglia un estimatore di “soba”, tal Sig. Tanaka, o meglio Tanaka-san, la soba non deve essere gustata in bocca, ma in gola. I giapponesi infatti, “aspirano” questa prelibatezza, deglutendola direttamente e rigorosamente senza masticarla. Loro lo fanno con naturalezza e producendo un suono che da noi sarebbe considerato “poco educato”, ma che in realtà e’ la tecnica corretta per assaporare il vero gusto della soba nella gola. Il brodo in cui va intinta la soba prima di “aspirarla” e’ a base di salsa di soia e estratto di alghe e pesce. Nel brodo andranno disciolte oltre ad un trito di porri sminuzzati finemente, anche un po’ di WASABI, che in terra italica si chiama trito di rafano. La soba puo’ anche essere gustata calda, servita all’interno di una zuppa a base di alghe, carne o con della tempura (frittura), ma ancora una volta l’esperto ci ricorda che per capirne il vero gusto e’ preferibile la degustazione a ” freddo”. Sebbene alcuni ristoranti usino, per preparare la pasta, solo farina di grano saraceno, nella maggior parte dei casi, questa viene ottenuta miscelando sapientemente farina 00 con quella di grano saraceno appunto. L’impasto viene amalgamato con forza aggiungendo acqua.
Molti artigiani della soba, capiscono toccando l’impasto, la quantità di acqua che va aggiunta, quantità che varia a seconda dell’umidità e della temperatura dell’ambiente in cui viene prodotta. La farina di grano saraceno non ama l’acqua, per cui tutto il lavoro di impasto deve essere svolto molto velocemente. Dopo l’impasto, la soba verra’ tagliata prima e quindi bollita per qualche minuto per poi essere buttata nell’acqua fredda per ottenere una sorta di “restringimento” nella struttura.A questo punto la soba e’ pronta per essere gustata, ma sempre abbastanza in fretta, poiche’ questa pasta assorbe l’acqua molto velocemente ed e’ facile che diventi troppo soffice per i “severissimi” palati giapponesi. Ricca di vitamine B1 e B2, la soba e’ facile da digerire e puo’ essere considerato una sorta di antico “fast food” nipponico, essa infatti e’ spesso consumata fuori pasto, ad orari strani, per “calmare” quegli appetiti improvvisi che gli italiani soddisfano con ben piu’ calorici spuntini. Nata nel 17esimo secolo, la soba vanta oggi ben 33,712 ristoranti soba shop in tutto il Giappone, ogniuno con la sua miscela di farine, con la sua “durezza” e con la sua zuppa dove intengerla, ognuno rigorosamente differente dall’altro, ognuno con i suoi “piccoli segreti” e le sue tradizioni da proteggere.
Ho visitato il ristorante di soba più famoso in Giappone: YABU SOBA. Edificato una prima volta nel 1880 e ricostruito dopo essere stato distrutto nel terremoto del 1923, YABU SOBA e’ uno dei ristoranti di soba più antichi ed usa una sua miscela di farine originale. Essa e’ composta dal 90% di farina di grano saraceno e 10 % di farina tipo 00, ma il tocco “segreto” e’ l’aggiunta all’impasto di uova, come collante. Nella piccola cucina climatizzata, con temperatura rigorosamente a 18 gradi dello YABU SOBA, si producono ogni giorno porzioni di soba per 1,000 piatti che verranno consumati per il 70% nella versione servita “fredda”.
Chi credeva che la cucina giapponese fosse fatta solo di SUSHI e TEMPURA dovra’ ricredersi, i giapponesi come gli italiani sono grandi mangiatori di pasta.
The second Monday in October is a Japanese national holiday called Taiikunohi (Health and Sports Day) which commemorates the 1964 Tokyo Olympics opening ceremony held on October 10. Various sports events take place on this day, and traditional sports festivals called undoukai are held in many Japanese schools around this holiday. In undoukai, children are usually divided into two teams (red and white) and compete for their teams. Common events include tsunahiki (tag of war), tamaire game, kibasen (cavalry battle), creative dance, and lots more.
Design made in Japan | D-Bros project by Draft
A Tokyo a pochi passi dal frenetico e frequentatissimo centro di Shibuya basta addentrarsi in una stradina interna per ritrovarsi di colpo in una pace che è tipica delle grandi città in Giappone. La zona e residenziale tranquilla, molte le ville in stile occidentale tra queste l’ex residenza dell’ambasciatore egiziano oggi studio creativo della Draft. La casa costruita negli anni 70 ha all’interno un grande giardino in stile zen e una piscina in disuso che ne fanno un luogo di lavoro tranquillo e ideale. Lo staff dei ragazzi che ci lavora, arrivano quasi tutti in bici pargheggiano in file le loro bici pieghevoli, trascurano la puntualità perchè qui è un po la loro seconda casa, ma l’impegno e la dedizione al lavoro e simile a quello di una azienda. L’edificio trasformato in minima parte all’interno ha grosse stanze laboratorio molto luminose con grandi vetrate che affacciano sul giardino e l’effetto e davvero tonificante per chi ci lavora. Mi raccontano che il giardino si trasforma e prende i colori delle stagioni, e questo ha dato l’idea di produrre delle serie con materiale e tinte propie delle singole stagioni. In lontananza oltre il giardino la Tokyo Tower e la mobilità senza sosta della città. Il sig. Miyata (unico cinquntenne dello studio) design pubblicitario e presidente dello studio Draft ci dice che fare design equivale a vendere un prodotto, il design di un prodotto modifica il significato stesso del prodotto, se il design non funziona anche se questo oggetto e utile, alla gente non interessa. Nel mio studio ci sono solo designer non esiste un ufficio commerciale, il designer segue il prodotto da lui creato dalla progettazione alla produzione fino alla commercializzazzione. In questo modo si ha una visione chiara e completa del lavoro si è più liberi e credo sia anche più divertente. La produzione dei prodotti D-Bros nata dall’idea di due giovani componenti dello studio Ryosuke Uehara e Yoshie Watanabe e ora a capo della produzione, nasce proprio dal desiderio di vedere realizzato in oggetto un semplice disegno grafico. Si progetta di tutto da tazze di thee in argento che riflettono il disegno della piattino, a vasi di fiori in plastica a oggetti di cancelleria personalizzati per alberghi. A questa va aggiunta la cura maniacale di materiali e l’accurata selezione di artigiani esclusivamente giapponesi, sparsi in giro per il paese e di cui si è in continua ricerca. Ryosuke ci dice che la capacita artiginale in giappone e davvero straordinaria, spesso la loro bravuta sfugge e per ovvi motivi non interessa alla grande produzione, troppo alti i costi di realizzazione, ma a noi interessa soprattutto la qualita anche se questa porta inevitabilmente ad alzare il costo di produzione. Gli artigiani lavorano sempre di piu su singoli segmenti del prodotto, quelli che lavorano ad un prodotto dall’inizio alla fine sono davvero pochi. I prodotti D-Bros sono esclusivamente made in japan, perche solo in quetso modo si puo conservare una sensibilità tipicamente giapponese che abbia una sua connotazione e che rimanga inalterata nel futuro.
È un luglio molto caldo, quello che è appena iniziato qui in Giappone, climaticamente e politicamente caldo. Dopo la vittoria nelle elezioni politiche, per la Camera Bassa, dello DPJ (Partito Democratico Giapponese) e l’insediamento del Governo Hatoyama, l’LDP (Partito Liberal Democratico) dopo oltre 60 anni, quasi ininterroti, di potere, ha cominciato un ineluttabile processo di implosione, causato soprattutto dalla defezione di singoli parlamentari, ma più spesso di gruppi di parlamentari, composti in genere da un minimo di 5 membri, cioè del numero minimo di aderenti per fondare un nuovo partito politico.
La meteora del Governo Hatoyama si è rapidamente spenta, a causa della mancanza di leadership del Premier, delle continue lotte interne al partito, ma soprattutto a causa dell’incapacità del Governo di risolvere il problema della rilcollocazione, fuori da Okinawa della base militare americana di Futenma. Un problema che ha suscitato forti sentimenti e atteggiamenti anti governativi, ma anche anti americani, un fenomeno inconsueto in un paese poco avezzo a esternare il proprio dissenso politico.
Per ritrovare una reazione di simile grandezza, bisogna risalire alla proteste pacifiste della fine degli anni 60, questo è indice forse che i rapporti bilaterali tra USA e Giappone sono arrivati ad un momento di ripensamento. Il successore di Hatoyama, Naoto Kan, appena salito al posto di comando del governo, si trova ora ad affrontare una campagna elettorale difficile, resa ancor più complessa dalla comparsa sulla scena politica, di una vera e propria galassia di nuovi partiti, micro partiti e indipendenti che si devono competere i 121 seggi della Camera Alta (Sanjiin), il prossimo 11 luglio. Le elezioni rappresentano il banco di prova del nuovo Governo e una sconfitta, o l’impossibilità di ottenere una maggioranza sicura da parte del Partito Democratico rappresenterebbe quasi sicuramente la fine del Governo Kan.
Se questo avvenisse, si aprirebbe uno scenario di grave instabilità politica, nessun altro partito infatti, sembra essere in grado di raggiungere una maggioranza relativa e la forte frammentazione dello spettro politico si presta solo alla formazione di governi deboli.
In sintesi: il quadro politico, alla vigilia delle prossime elezioni per il rinnovo delle cariche parlamentari non non è mai stato così caotico. Sul piano economico, gli indici descrivono un paese che stenta ancora ad uscire da una crisi diventata troppo lunga. La situazione geopolitica, sullo scacchiere asiatico, risulta incerta, con una Cina che assume un ruolo sempre più importante e un Giappone che sembra avere difficoltà a trovare il suo ruolo nel nuovo scacchiere mondiale.
Se quanto sta avvenendo all’interno e intorno al Giappone, succedesse in un paese europeo, ci si potrebbe aspettare una forte tensione sociale, con manifestazioni di piazza, scioperi, dibattiti e campagne mediatiche orientate verso la polemica e la conflittualità. Ma in Giappone tutto questo non avviene. Chi in questi giorni, si trovasse a passare da Tokyo, o da una qualsiasi città giapponese, incontrerebbe i rappresentanti dei vari partiti o indipendenti (mushozoku) impegnati in una campagna elettorale inconsueta, secondo i criteri di giudizio occidentali. Di fronte alle stazioni ferroviarie di maggior traffico, incontrerebbe pulmini attrezzati a palco dai quali, candidati e leader di partito, tengono comizi, apparentemente accolti dall’indifferenza dei passanti, letteralmente ‘bombardati’ da autoparlandi ‘sparati’ alla massima potenza. Stessa colonna sonora, nelle vie cittadine, attraverso minubus dai quali instancabili ‘Signorine usignolo’ (uguisu jo) in abbigliamento sportivo, salutano la folla con la mano inguantata di bianco.
In tutte le zone pedonali in prossimità delle aree commerciali, vecchie e nuove personalità politiche o energetici attivisti, stringono mani, distribuiscono volantini e soprattutto tanti sorrisi e inchini, prima o dopo brevi comizi, anche questi a tutto volume. L’atmosfera è quella della festa, della sagra paesana (matsuri) pacifica e dal carattere cordiale. Le massaie e soprattutto gli anziani, sembrano gli unici a prestare attenzione, a farsi fotografare insieme ad un ex primo ministro, a un dirigente di partito, all’improvvisato politico che corre da solo per un posto in parlamento. Quello che manca è l’aggressività, la veemenza, il senso di conflitto così tipico in tante campagne elettorali, in altre parti del mondo. Un bella e ironica descrizione di quanto avviene durante le campagne elettorali nipponiche è il film-documentario: ‘Campaign-Senkyo’ (Campagna elettorale) di Kazuhiro Soda del 2007.
Il film come le immagini fotografiche, le descrizioni anche dei parametri estetici del ‘Senkyo’ possono aiutare moltissimo a comprendere questa Società, così spesso fraintesa. Seguire i candidati, sulle rotte dei minibus, di fronte ai centri commerciali, nei piazzali prospicienti le stazioni, è un modo per scoprire, alcune delle caratteristiche sociali più importanti del Giappone come: la serietà mista all’autoironia, il gusto del travestimento e della ‘coreografia’, l’impegno ad ogni costo per ottenere il risultato, pur sapendo di utilizzare strumenti e atteggiamenti spesso ridicoli e largamente superati dalle nuove forme di penetrazione e convinzione mediatica. I giapponesi lo sanno, ma stanno al gioco, forse vagamente annoiati, senza darlo troppo a vedere. Gli occidentali che conoscono bene il Giappone e sicuramente molti giapponesi, si domandano, a cosa serva questa colorata e pacifica ‘coreografia elettorale’. Ci si domanda inoltre chi ascolti quelle che sembrano parole lanciate al vento, accompagnate da volantini, gadget, poster e slogan ingenui che certamente non hanno presa sul cittadino giapponese metropolitano, un po’ ‘flaneur’ e un po’ ‘blasé’, disincantato, culturalmente ed estremamente sofisticato dal punto di vista estetico.
E cosa provano quelli che sono dall’altra parte, per così dire, della bariccata, i candidati? Un caso emblematico. Aki Wakabayashi, quarantaquattrenne, già giornalista economica di un certo rilievo, indipendente, corre sostenuta dal Minna no To (Partito di tutti) una compagine populista di destra,fondata da un leader del vecchio Partito Liberal Popolare Yoshimi Watanabe, insieme ad altri 5 membri dello stesso partito, una delle tante micro rappresentanze politiche sorte negli ultimi mesi. Lo slogan elettorale del partito è quasi disarmante: “No alla burocrazia, sì all’autonomia locale, sì a una vita serena”. Per Aki, la sveglia suona alle 6, non passa un’ora che è già sul minibus, preso a noleggio, accompagnata da una ‘Task force’ composta di un assistente tutto fare e da un autista.
La corsa per le strade di Tokyo continua fino alle 20:00, quando, per legge, si deve interrompere ogni forma di propaganda elettorale. Per tutto il giorno Aki, sale e scende dal pulmino, per collocarsi, senza scarpe su uno sgabello, affiancata dalla siluette in cartone, quasi un’icona, un po’ fumettistica del leader dello Minna no To, Yoshimi Watanabe. La candidata parla ora davanti alla sede del Mistero degli Esteri, ora davanti ad una stazione stracolma di pendolari frettolosi. La seguiamo nel minibus, mentre instancabile agita la mano, in segno di saluto, verso passanti distratti, non si può permettere nessuna graziosa uguisu jo che lo faccia al posto suo, i suoi finanziatori sono i suoi famigliari. Lei continua a sorridere, a stringere mani, a parlare, anche quando cammina, attraverso il megafono. Poi lasciata la stazione di Akihabara, si percepisce un momento di stanchezza, scende dalla vettura, corre verso un Mc Donald’s e mangia, in piedi, un Dubble Cheese Burger, mentre da un registratore digitale, un suo messaggio pre registrato, si diffonde nel caos cittadino. Poi riparte instancabile.
Nell’era di Internet di Twitter e di FaceBook, in Giappone la strada, il pulmino, il sorriso, l’inchino, il contatto con la gente rimangono un’obbligo, anche per il leader più importante. C’è qualcosa di fondamentalmente comunitario e democratico, in questo modo di promuoversi, avvicinandosi con umiltà all’elettorato, anche a rischio di fare brutta figura. Il giorno dopo le elezioni, come ovunque nel mondo c’è chi festeggia, chi progetta nuove sfide o rivincite, ma per le strade non c’è per nessuno l’aria da Coppa del Mondo persa ai rigori. Le strade tornano ad essere quelle che sono sempre state, gli autoparlanti non diffondo più la voce dei candidati alle elezioni, ma forse quella degli Arashi, un gruppo pop, che sorride da una gigantografia luminosa collocata su un Tir, qualcuno persino lo nota. Testo di Fabrizio Grasselli
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